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Coronavirus, la linea del contagio (1): la partita tra Atalanta e Valencia

Posted by Barbapress on Marzo 27, 2020 in Attualità, Calcio, Scienza |

Dopo esser stato incuriosito da numeri, modelli matematici, rapporto tra diffusione del virus e determinate condizioni climatiche, la mia attenzione viene autenticamente dalla “linea del contagio”. Non tanto come è stato possibile che il Covid-19 sia arrivato in Italia, ma come sia stato possibile che tutto si sia velocizzato da un momento all’altro. Perchè il Nord Italia, perchè la Lombardia, perchè Milano, perchè il lodigiano? Nei prossimi post sul blog, alcune incredibili concentrazioni di punti di contagio.

Tifosi del Valencia in Piazza Duomo nel prepartita di Champions
Tifosi del Valencia in Piazza Duomo nel prepartita di Champions

Il primo sicuramente è quello della partita di calcio degli ottavi di Champions League tra Atalanta a Valencia, che si gioca a Milano, stadio San Siro, il 19 febbraio 2020. Per ricostruire tutto leggo e rimango estasiato dal pezzo di Paolo Berizzi e Paolo Griseri sulla Repubblica (sabato 21 marzo 2020, link pdf a fine post). Un articolo che riprendo qui di seguito e che non ho avuto difficoltà a definire una perfetta sceneggiatura per un qualsiasi Oliver Stone che potrebbe farci davvero un film sullo stile di JFK. Ovviamente tutto quello che segue sono fatti ma anche suggestioni, nessuna certezza scientifica, che difficilmente si potrà ora ricostruire esattamente.

Insomma: “Chi ha contagiato chi?”. L’ormai celeberrimo Massimo Galli, responsabile del reparto malattie infettive al “Sacco” di Milano afferma: “Certamente quella partita è stata un importante veicolo di contagio. Penso che l’epidemia sia partita prima, nelle campagne, durante le fiere agricole nei bar di paese. Ma il fatto di concentrare decine di migliaia di persone nella stessa zona, nello stesso luogo, può essere stato un importante fattore di diffusione“.

San Siro è quasi pieno, sono 45.000 i tifosi dell'Atalanta
San Siro è quasi pieno, sono 45.000 i tifosi dell’Atalanta

19 febbraio, dunque. Pochi giorni prima però succede qualcosa in 2 differenti location: un cimitero spagnolo e in una trattoria di Zogno, sulla sponda del Brembo. Il 13 febbraio, in Spagna, nella regione valenciana, muore un uomo, che soltanto il 3 marzo, quando ne verrà riesumato il cadavere, risulterà positivo al coronavirus. È il primo decesso accertato per Covid-19 in Spagna. Il 13 febbraio quindi, 6 giorni prima della partita di San Siro, l’epidemia aveva dunque già colpito nel Sud della Spagna. Era un caso isolato? O tra i 2500 supporter spagnoli che arriveranno a Milano la settimana successiva c’è qualcuno già infetto?

Il 14 febbraio, nella trattoria pizzeria “Da Cecca“ di Zogno si festeggia San Valentino. Il menù è eccellente come testimoniano i commenti dei clienti due: “Che atmosfera da sogno!“. “Presente, tutto ottimo e grazie lo staff“. Ma non è una serata da sogno. Il 23 febbraio, e sono ancora i post a confermarlo, i clienti di quella sera vengono contattati dall’Asl perché uno degli avventori risultato positivo al Coronavirus.

13 e 14 febbraio: il virus gira nella regione Valencia e a Zogno, 20 km da Alzano e Nembro, due degli epicentri del contagio. Mancano 6 e 5 giorni a San Siro. Si dirà: un indizio. E a posteriori, come detto. È però un fatto che il giorno dell’andata degli ottavi l’esodo dei bergamaschi che raggiungono il Meazza coinvolge più di 45.000 tifosi (record di sempre per l’Atalanta).

L'invasione valenciana a Milano davanti al Duomo
L’invasione valenciana a Milano davanti al Duomo

Arrivano da ogni dove: da Bergamo, della pianura, dalle valli. Vogliono esserci nel giorno in cui il calcio orobico scrive la storia. I pullman, censiti dal tifo organizzato, sono 28. Poco più di 1500 persone. Gli altri, la maggior parte, arrivano in macchina. Due ore per fare 50 km.

Ci sono tra loro anche quelli che abitano nei 38 comuni della Val Seriana, uno dei focolai del contagio. Sono 540 persone secondo quanto Repubblica ricostruito in base ai dati forniti dal tifo organizzato. Molti raggiungono direttamente lo stadio e sostano sul Piazzale Angelo Moratti antistante gli ingressi. Altri consumano l’attesa passeggiando nel cuore della città, in Piazza Duomo, dove fraternizzano con i tifosi del Valencia (nonostante loro gemellaggio con i nemici dell’Inter).

È una festa documentato dalla diretta di Bergamo tv dove, tra gli altri, il giornalista Cesare Zapperi racconta: “Prima di venire qui mi sono fatto un giro in Piazza Duomo. C’era un’atmosfera bellissima. Ho preso la metro. Se non tifosi del Valencia e dell’Atalanta insieme. Una festa dello sport“. Piazza Duomo, da lì la metro con un cambio arriva a San Siro. È un dettaglio che va notato. Perché sulla metropolitana sale anche il giornalista spagnolo Kike Mateu, risultato positivo al Covid-19 pochi giorni dopo: è sicuro di aver contratto il virus proprio lì.

45.000 tifosi – e davvero non importante quale fosse il loro passaporto, quanti fossero infetti, sintomatici o quanti asintomatici – sono l’evento che può aver creato l’innesco. É un fatto che il 4 marzo, 14 giorni esatti dopo la partita di San Siro, la curva di contagio bergamasca subisce un’impennata. Sappiamo anche cosa accade dopo. Il 9 marzo l’Atalanta parte per Valencia dove il giorno dopo giocherà il ritorno a porte chiuse.

Nove giorni prima di disputare una surreale partita di campionato a porte aperte a Lecce. Proprio quel giorno si ammalerà di Coronavirus un ristoratore di una trattoria locale. Il 16 marzo il Valencia rende ufficiale che il 35% del personale della società, giocatori e personale tecnico, risulta positivo al Coronavirus. L’Atalanta cancella immediatamente il calendario di allenamenti previsto nei giorni successivi. Mette in quarantena precauzionale i suoi calciatori facendo sapere informalmente che non c’è nessun caso di contagio e annuncia che gli allenamenti riprenderanno il 24 marzo, il giorno in cui l’Italia dovrebbe uscire di casa. Sapendo che così non sarà.

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Atalanta - Valencia, una partita che non si doveva giocare
Atalanta – Valencia, una partita che non si doveva giocare
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