Natascha Kampusch ora ha il coraggio di parlare: ecco le “sue” prigioni nel libro “3096 giorni”!
23 agosto 2006, periferia di Vienna: una ragazza corre, grida aiuto…
Nessuno sa che sta scappando da una prigionia lunga 8 anni; nessuno sa i 3096 giorni passati in una stanza di 5 metri quadri, senza finestre, due porte, una metallica, l’altra di cemento e acciaio.
Nessuno sa di un rapitore, Wolfgang Priklopil, che la chiamava, chissà perché, Bibiana; che le proibiva di alzare lo sguardo e guardarlo in faccia.
Nessuno sa le notti ammanettata al letto, la prima passeggiata un anno e mezzo dopo il rapimento.
Nessuno sa i suicidi tentati, i sogni di fuga soffocati dalla paura di essere riacchiappata e uccisa.
Fino a quella mattina di fine agosto: Bibiana è in giardino a lavare la macchina di lui, Wolfgang al telefono, il cancello aperto…
Bibiana scappa, corre, grida… nessuno sa e nessuno ascolta. Allora bussa alla porta di una vicina “Sono Natascha!”. E ricomincia a essere se stessa. Arriva finalmente la polizia.
Quella sera il carnefice esce di scena buttandosi sotto un treno. Natascha è libera. La sua prigione è vuota. C’era entrata bambina, di 10 anni; ne è uscita giovane donna, di 18. Sorprendendo tutti, decide di comprarla quella prigione…
Il resto è cronaca di una normalità tutta da inventare… il resto è imparare a guardare negli occhi la gente.
di Piero Barbaro per “Uno Mattina” del 9/5/2011